martedì 26 marzo 2024

LA MONTAGNA E LA CITTA’: PROSPETTIVE E RACCOMANDAZIONI

 

 

Interessante documento finale di un'iniziativa promossa dal valente Ecomuseo del Casentino con diverse collaborazioni

  LA MONTAGNA E LA CITTA’: PROSPETTIVE E RACCOMANDAZIONI

INTRODUZIONE
Il documento nasce a conclusione e come sintesi del ciclo di appuntamenti online1, “La Montagna e la Città”, proposti da Ecomuseo del Casentino e Ecomuseo della Montagna Pistoiese, realizzati all'interno delle attività del Sistema degli Ecomusei della Toscana (S.E.T.) costituitosi recentemente con il sostegno della Regione Toscana. Gli incontri erano volti a riflettere e confrontarsi sulle sfide delle terre alte, su quali siano le politiche e le azioni necessarie affinché le montagne siano un luogo abitato, frequentato e produttivo, assumendo un ruolo centrale e strategico non solo a livello territoriale e per la fruizione del paesaggio ma anche a livello culturale, economico e ambientale.
I primi tre incontri sono stati dedicati al racconto e alla testimonianza di progetti ed esperienze mentre il quarto ha raccolto direttamente le voci del territorio attraverso tre tavoli di lavoro paralleli2. Obiettivo dell’iniziativa, oltre ad approfondire e condividere contenuti di comune interesse, era quello di raccogliere indicazioni e raccomandazioni da porre all’attenzione di amministratori e decisori politici dalla scala locale a quella regionale. Una sorta di manifesto, in cui dare voce a preoccupazioni, aspirazioni, desiderata, che ci auguriamo possano essere recuperati nella stesura di piani e programmi sulla montagna nel prossimo futuro.
Un documento ispiratore dei contenuti del testo sintetico, di seguito riportato, è rappresentato dal “Manifesto di Camaldoli. Per una nuova centralità della Montagna”3, promosso dalla Società dei Territorialisti nel 2019.

1 Per consultare il programma degli appuntamenti e i materiali a cura dei diversi relatori: https://ecomuseo.casentino.toscana.it/node/82 http://www.ecomuseopt.it/set-sistemaecomuseitoscani-eventi/
2 Ai e alle partecipanti sono stati presentati i seguenti temi su cui sviluppare il confronto:
-VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE DEL PATRIMONIO. Censimento, formazione, sostenibilità, inclusione, etc.
- SERVIZI PER LA MONTAGNA. Connettività, mobilità, implementazione e decentramento dei servizi, etc.
- RISORSE NATURALI, AMBIENTE E PAESAGGIO. Per discutere soprattutto di bosco, acqua, aria, servizi ecosistemici, Bioregione, etc.
3 https://www.societadeiterritorialisti.it/2020/04/12/manifesto-di-camaldoli-per-una-nuova-centralita-della-montagna/ 1

    

 LA MONTAGNA PROTAGONISTA

1 - Puntare su una governance che restituisca protagonismo alle terre alte e alle sue comunità
Fino a pochi anni addietro, l’attenzione della politica alle specificità delle terre alte era un dovere ricordato dalla nostra Carta Costituzionale, dettato da nobili intenti di uguaglianza e anche dalla consapevolezza che il territorio in Italia è di fatto prevalentemente montuoso, per il 60% del totale. Negli ultimi anni a questi dati geografici di contesto si è aggiunto il cambiamento climatico, come elemento di forte alterazione degli equilibri. Cercando di fare di necessità virtù, in un simile contesto le terre alte non sono più viste come aree marginali ma come luoghi appetibili, per il clima estivo decisamente più tollerabile rispetto all’afa soffocante delle pianure, per le risorse naturali, boschi, aria e acqua, per gli ampi e silenziosi spazi immersi nel verde. E’ un’occasione di rilancio che non va sottovalutata: l’Agenda della Montagna dovrebbe ripartire da questi nuovi presupposti, attivando politiche e scegliendo obiettivi coerenti con il contesto, rimodulando schemi oggi anacronistici.
Un primo elemento di una rinnovata “Agenda della Montagna” dovrebbe essere, la rivisitazione della governance istituzionale: occorre insistere maggiormente in direzione di aggregazioni e/o del relativo consolidamento (unioni di comuni, ambiti territoriali, bioregioni, gestioni associate ecc) che superino la frammentazione che ancora oggi caratterizza il panorama istituzionale di molte aree montane, diminuendone il peso politico e la capacità di intervento. In questo senso vanno esplorate tutte le possibilità offerte dalla normativa per sperimentare e trovare la dimensione adatta ad ogni realtà, ma sempre con l’obiettivo di favorire forme di aggregazione e condivisione strategica degli obiettivi.
Parallelamente occorre investire in formazione del personale della Pubblica Amministrazione, nella consapevolezza che le sfide che attendono la montagna hanno bisogno di un approccio innovativo a partire dalla gestione della macchina pubblica.

2 - Creare reti e aggregazioni che nascano dalle esigenze dei territori
Aggregazioni e reti che non devono essere calate dall’alto, ma nascere da una esigenza sentita e condivisa da Enti e attori dei territori, che in maniera collaborativa devono concorrere al suo sviluppo. Il fatto che la montagna sia poco rappresentata a livello nazionale, non significa che gli attori che la abitano e la amministrano non possano agire sulle politiche sovraordinate, facendo rete, creando sinergie e movimento dal basso (vengono citate ad esempio le associazioni di produttori). In questa operazione occorrerà al tempo stesso prestare attenzione a ricreare adeguati spazi di partecipazione e protagonismo della cittadinanza, sperimentando anche nuovi strumenti e nuove soluzioni: il rilancio della montagna infatti passa da un coinvolgimento dei suoi diversi livelli, da quello istituzionale a quello privato.

3 - Promuovere una normativa nazionale per la montagna che abbia un respiro ampio e una capacità di visione sul lungo periodo
Quanto finora detto rischia di non essere sufficiente se non si interviene a livello nazionale e normativo con una legislazione che riconosca la specificità della montagna e contrasti l’attuale scarsa rappresentatività politica della Montagna a livello nazionale (le scelte del PNRR, così orientate ai grandi interventi infrastrutturali e così poco attente alle specificità dei territori montani, appaiono in questo senso una conseguenza diretta del fatto che le politiche nazionali sono ancora prevalentemente guidate da una prospettiva “urbana”). Non tutti i territori sono uguali, pertanto non si può continuare a “fare parti eguali tra diseguali”. Parlare di recupero di manufatti, di rilancio delle attività economiche (ad esempio quella casearia), di contrasto allo spopolamento della montagna e di altre simili soluzioni rischia di essere un esercizio sterile, se non si mette mano a un corpo normativo pensato specificamente per la montagna che traduca concretamente queste opportunità pur nel contesto di solidarietà istituzionale sancito dalla Costituzione.
In questo senso, si auspica che l’Agenda nazionale per la Montagna venga portata avanti come un Piano nazionale che possa valorizzare le risorse e le specificità delle terre alte come zona di ricchezza e di opportunità in un territorio nazionale in cui la montagna rappresenta il 60%. Come è stato fatto e viene fatto in altri paesi, quali la Svizzera, sono necessarie scelte politiche di lungo periodo, basate su una visione lungimirante del rapporto fra la montagna e la città, che considerino la montagna e le sue specificità centrali e complementari a quelle delle città, in grado di orientare risorse e opportunità.


 4 – La montagna come nuova prospettiva e possibile contesto per sperimentare modelli di sviluppo alternativo
Il ridisegno della governance istituzionale, la previsione di nuovi spazi di partecipazione e la definizione di norme specificamente pensate per la montagna sono la premessa per la costruzione di un modello alternativo imperniato proprio sul valore e sul protagonismo delle terre alte, sulla qualità delle risorse naturali e culturali e su stili di vita maggiormente sostenibili e solidali. Se nell’ultimo secolo l’economia, la società, le istituzioni e il loro funzionamento si sono plasmate sul modello dei grandi agglomerati urbani, le terre alte rappresentano il terreno per la costruzione di una potenziale alternativa di abitare e di concepire lo sviluppo dei territori, che non si appiattisca su modelli di vita urbanocentrici. Occorre dunque lavorare a uno scenario alternativo a quello della città che invade la montagna, della proliferazione delle seconde case, delle piste da sci sempre più dipendenti dall’innevamento artificiale e dal prelievo idrico. Nuovi modelli di vita, di socialità e di compresenza culturale richiedono un’alleanza fra anziani restanti, depositari di saperi contestuali, e “nuovi montanari” innovativi. Vi concorrono iniziative e nuovi strumenti come cooperative di comunità, ecomusei che attivano coscienza di luogo, osservatori del paesaggio, comunità del cibo, feste paesane “sagge”, forme attive e inclusive di valorizzazione delle minoranze linguistiche e di integrazione dei migranti (CFR “Il manifesto di Camaldoli”).



LA MONTAGNA CONNESSA E PRODUTTIVA 

5 - Mettere il lavoro al centro della strategia di rilancio
Una strategia di rilancio dovrà porsi obiettivi quali il recupero e la riqualificazione della rete di manufatti e infrastrutture presenti (alpeggi, piste forestali, ecc), la loro messa a disposizione in prima battuta come spazi e infrastrutture indispensabili al lavoro e alla produzione.
La montagna ha infatti bisogno prima di tutto di lavoro, centrato sulla gestione delle sue grandi risorse e sui lavori propri della montagna: agricoltura, pastorizia, foreste. Sostenere queste attività e queste professioni è non solo indispensabile per incoraggiare i giovani a fare la scelta coraggiosa di vivere in montagna ma è anche la chiave per conservare le risorse e preservarle per le generazioni future. Sarebbe auspicabile, a questo proposito, pensare a percorsi di educazione all’autoimprenditorialità con momenti di capacitazione e accompagnamento al lavoro rivolti alle nuove generazioni, una sorta di “hub montani” collegati anche a dipartimenti universitari, punto di incontri tra tradizione e innovazione, creatività e recupero delle conoscenze locali.

6 - Integrare rafforzamento intelligente di servizi e infrastrutture con azioni per il ripopolamento
Non può esserci ripopolamento delle terre alte senza la presenza di servizi ma allo stesso è difficile investire su servizi in zone che tendono a spopolarsi. L'assenza e/o la carenza di servizi e infrastrutture nelle aree montane rappresenta una sfida significativa nelle terre alte che impone di puntare sull’accessibilità ai servizi - in particolare educativi -, il miglioramento delle infrastrutture fisiche e digitali per avvicinare le persone alla montagna e garantire loro la possibilità di risiederci, evitando però il rischio di snaturare e gentrificare la montagna, calibrando quindi bene gli interventi da realizzare su servizi e infrastrutture.
“L’azione più efficace per conservare è trasformare, ma non trasformare a tutti i costi bensì trasformare in modo intelligente."
Lo scarso sviluppo della rete infrastrutturale se da una parte preserva il territorio e costituisce un valore aggiunto per chi lo visita, dall’altra rappresenta un limite per chi vive e/o lavora nelle terre alte. A ciò si unisce un altrettanto limitato servizio di trasporto pubblico che rende difficoltoso raggiungere servizi e luoghi di lavoro senza l’automobile così come per i visitatori spostarsi dai centri principali durante la stagione estiva in cui il servizio è ridotto. I territori fanno fatica a fare rete per fornire una risposta, ad esempio strutturando servizi di mobilità condivisa o “su chiamata” che potrebbero invece rispondere a questo tipo di bisogno. È alta l'attenzione e altrettanto vivace il dibattito circa la compatibilità e coerenza di certi progetti infrastrutturali (ad esempio la costruzione di nuovi impianti di risalita a fune) rispetto ai temi di tutela dell'ambiente e di prospettive gestionali connesse al cambiamento climatico" Sono auspicati interventi diffusi per ripristinare ad esempio il sistema
 di piste forestali e rurali, che sono quelle che permettono di gestire e amministrare la risorsa boschiva e di coltivare le terre e le zone di conifere, che se lasciate a sé stesse, sono fattore rischio e dissesto.
La lontananza e/o l’assenza di servizi educativi incidono negativamente sui livelli di istruzione delle persone che abitano nelle terre alte, per cui si rende importante pensare a come garantire e facilitare l’accesso all’istruzione, sia ripensando le forme di mobilità che immaginando la realizzazione di studentati che ospitino i giovani studenti costretti ogni giorno a trascorrere molte ore sui mezzi pubblici per raggiungere le scuole. Opportune deroghe, poi, sul dimensionamento e l’ubicazione dei plessi scolastici, dovrebbero essere pensate per la montagna in cui le scuole rappresentano dei presidi socio-educativi di primaria importanza. Non ci dimentichiamo poi della necessità di garantire un altro servizio strategico per le famiglie, ovvero la presenza di asili nido e scuole materne, servizio che incide positivamente sull’occupazione femminile perché dà l’opportunità alle mamme di dedicarsi al proprio lavoro; e dà modo ai bambini di sviluppare fin dalla prima infanzia conoscenze e attitudini relazionali positive, superando le differenze culturali dei diversi contesti familiari (più marcate in presenza di immigrazione).

7 - Esplorare modelli di turismo basati su ospitalità diffusa e relazioni
Si auspica di investire in un sistema di ospitalità diffusa ispirata a principi di sostenibilità, la sperimentazione di forme di accoglienza e integrazione occupazionale dei cittadini con background migratorio, o l’accoglienza temporanea di artisti e figure creative che possano recuperare e rinnovare il patrimonio di storia e cultura delle terre alte, stando sempre attenti a coniugare esigenze di sviluppo economico con la tutela del patrimonio ambientale, senza venire risucchiati nel circuito “artificiale” dei borghi e del turismo di massa.
Turismo lento e relazionale, che da un lato rappresenta una opportunità di portare la popolazione locale, attraverso un approccio riflessivo, a riscoprire se stessa ed il proprio patrimonio identitario, in un percorso di riscoperta della “coscienza del luogo" e dei suoi punti di forza materiali, immateriali, umani, produttivi. Dall’altro, un'esperienza turistica che permetta a chi viene da fuori di diventare un alleato della montagna, capace di capirne il valore, senza schiacciarla o stravolgerla. In questo senso, un'attenzione particolare deve essere posta alla sostenibilità ambientale delle pratiche portate avanti nel settore del turismo e del turismo esperienziale e dell’impatto che queste hanno sull’ecosistema.


LA MONTAGNA COESA E CUSTODE

8 - Ripartire dalle comunità per ricostruire il tessuto sociale dei paesi e dei centri montani
La montagna è luogo di coesione sociale, forte senso di identità, capitale sociale e disponibilità a mettersi al servizio del territorio, valore aggiunto e opportunità da cui partire per far sì che tale coesione non si trasformi in un limite diventando autoreferenziale, chiusura al nuovo e al cambiamento, sentimento nostalgico di un tempo passato che ostacola la possibilità di proiettarsi nel futuro in modo diverso.
Se lo spopolamento ha portato ad una disgregazione del tessuto sociale dei paesi e dei centri, per invertire la tendenza, si rende oggi necessario lavorare con le comunità, supportandole ad individuare un equilibrio fra tradizione e cambiamento, lavorando sulla costruzione di una rete che riconnetta, che esalti i rapporti umani, e sulla riapertura di spazi di socialità per ricostruire il tessuto di paese dei centri montani, favorendo la contaminazione e integrazione tra persone diverse, condivisione e partecipazione. Gli abitanti della montagna devono essere accompagnati ad accogliere chi viene da fuori per fare i "vecchi mestieri" come una risorsa da valorizzare, per evitare di “diventare i primi nemici di noi stessi” e contrastare la diffidenza, le divisioni e le contrapposizioni tra “noi” e” loro”. Gli ecomusei in questo senso si prefigurano come laboratori di mediazione e inclusione offrendo occasioni di confronto e dialogo interculturale in grado di fare da ponte tra la cultura locale, e le grandi sfide dell’attualità.
Similmente, i diversi soggetti pubblici e privati che rappresentano la montagna devono lavorare a strategie di attrazione di nuova popolazione, visitatori e turisti che siano in grado di comunicare la centralità che le terre alte assumono da un punto di vista ecosistemico, naturalistico, produttivo e culturale e che avvicino le persone a modello di comunità che vi è proprio.

9 - Trasmettere il patrimonio culturale attraverso alleanze educative intergenerazionali
 La montagna deve puntare sulla cultura e la valorizzazione del patrimonio, quali elementi trainanti di sviluppo e di attrazione per nuovi abitanti e visitatori, essendo dotata di una combinazione di ambienti unici dal punto di vista naturalistico e di un patrimonio culturale, artistico, storico e religioso di valore. I percorsi in essere quali l’accoglienza di comunità, il turismo esperienziale e sostenibile che coinvolge e responsabilizza le comunità locali, in cui sono impegnati da anni gli ecomusei, devono essere sostenuti e incoraggiati nell’ottica di laboratori permanenti e partecipati in cui sperimentare nuove modalità di fare cultura e turismo.
“Le persone devono venire in montagna anche perché c’è cultura”.
La cura del patrimonio culturale passa in primis dal rafforzamento del sistema scolastico e delle “alleanze educative” finalizzate a scoprire, tramandare e raccontare il territorio delle terre alte come presidio di sostenibilità. Ma si commetterebbe un errore se le attività formative si fermassero al ciclo scolastico: occorre puntare alla costruzione di occasioni di formazione, produzione e trasmissione continua secondo un approccio che leghi vecchi e nuovi abitanti ai territori in cui risiedono.

10 - Avere un approccio ecosistemico e una gestione oculata delle risorse
Corollario di ogni strategia di rilancio delle terre alte rimane la buona gestione delle risorse naturali: attorno ad esse deve anzi essere costruito il modello di sviluppo alternativo del quale beneficerebbero - secondo l’ottica dei servizi ecosistemici - anche i territori non montani. La questione principale riguarda la risorsa idrica, sempre più scarsa: occorre rivedere il sistema dei prelievi per non impattare sulle attività ubicate a monte così come occorre permettere al sistema di ricettività diffusa di utilizzare l’acqua di montagna e di non essere costretto a fornire ai propri visitatori l’acqua imbottigliata.
Il cambiamento climatico impone infine di fare attenzione a che il modello di gestione delle risorse e di sviluppo delle terre alte non accentui l’impatto dei rischi climatici a cui territori e comunità sono esposti, ma anzi sia uno spazio di sperimentazione di azioni di adattamento, evitando che la montagna diventi invece luogo dove sviluppare tendenze estrattive pericolose, quali lo sviluppo del turismo sciistico intensivo o l'investimento massiccio in progetti legati alla transizione energetica, quali grandi parchi eolici o solari.


lunedì 25 marzo 2024

I doni della Primavera

La Primavera facciamola anche noi!

di Fausto Carotenuto

 

In queste settimane è in atto una enorme produzione di oggetti sofisticati e bellissimi.
E’ una produzione di gran lunga superiore all'”output” di tutte le fabbriche del mondo.

E noi ci siamo talmente abituati che nemmeno ci facciamo caso:
è Madre Terra, aiutata da tutti gli esseri che le sono connessi, che con la Primavera produce una quantità incredibile di foglie, erbe, fiori… Intessendo di luce e di calore l’aria, l’acqua e la materia minerale. E soffiandoci dentro la vita…

Con leggerezza, con amore tra tutti gli esseri che partecipano, in sublime cooperazione.
Senza dissidi, vertenze sindacali, prepotenze dei datori di lavoro, egoismi, accaparramenti, sfruttamenti, senza l’intrusione della politica e del malaffare… Senza rabbia, senza epuratori, senza inquisitori…
E ne viene fuori una produzione in enorme sovrabbondanza rispetto all’utilità specifica…  e tutto è di una bellezza stupefacente.

Ed è a disposizione di tutti. Un sistema che portando doni pratici e utili, scalda anche il cuore e fa sognare…

Questo il vero modello della futura società umana. La Primavera in Natura la fa il mondo spirituale…

La Primavera sociale tocca a noi di realizzarla, con intelligenza, amore, pazienza, forza, lungimiranza e l’aiuto del Cielo. Organizzandoci in rete, ed in reti di reti fattive e ispirate al paradigma dell’amore consapevole.

Da questa Primavera sociale verrà fuori una Estate di frutti meravigliosi! Per realizzare qualcosa di grande e di buono, anche ciò che ora sembra impossibile, bisogna prima vederlo dentro di sè… E poi darsi da fare… con fiducia.

La famosissima sagra !